Affreschi del ‘400 e fabbriche del ‘900
Nel bel mezzo dell’area occupata dagli stabilimenti storici della Olivetti, a Ivrea sorge l’antica chiesa di San Bernardino, che racchiude un prezioso ciclo di affreschi sulla vita di Cristo dipinti da Gian Martino Spanzotti nella seconda metà del '400. Acquistata dal fondatore Camillo Olivetti agli inizi del '900, questa chiesa e l’attiguo convento rappresentano simbolicamente uno dei tratti distintivi dello “stile Olivetti”: la capacità di integrare la cultura ingegneristica con quella umanistica, l’industria con l’arte, i valori tecnologici con quelli estetici.
Nel corso degli anni gli affreschi dello Spanzotti sono stati oggetto di vari interventi di restauro, ma l’impegno della Olivetti per la conservazione e promozione del patrimonio artistico nazionale è stato di ben più vasta portata.
In sintesi, si possono identificare due principali filoni di intervento:
· l'organizzazione di grandi mostre, intese non come semplici eventi di immagine, ma come autentiche iniziative culturali;
· il restauro di affreschi, alla cui conservazione l’azienda contribuisce anche mettendo a disposizione mezzi e tecnologie informatiche.
Gli interventi della Olivetti quasi sempre superano la dimensione della pura sponsorizzazione finanziaria, per assumere la forma di un contributo di idee, di cultura, competenze tecnologiche e capacità organizzative finalizzate a un’autentica valorizzazione del patrimonio artistico.
Un’azienda che ama l’arte
Accanto a iniziative di grande impatto pubblico l’Olivetti promuove anche ricerche approfondite su temi specifici, che poi pubblica nei Quaderni del Restauro, una piccola, preziosa collana di volumetti a cui collaborano tecnici ed esperti d’arte di grande competenza e professionalità. Anche i cataloghi delle mostre e i volumi d’arte dedicati alle opere restaurate sono una testimonianza di gusto raffinato e di grande sensibilità artistica.
Un discorso a parte meritano altri interventi a sostegno dell’arte: le iniziative di Adriano Olivetti per l'architettura industriale e il suo ruolo nella creazione (1952) della rivista SeleArte, diretta da Carlo Ludovico Ragghianti e divenuta in breve tempo un punto di riferimento per gli studiosi dell'arte; il patrimonio artistico di proprietà dell’azienda costruito attraverso acquisti e commesse di opere destinate ad arredare e qualificare sedi e negozi aziendali; la realizzazione dei raffinati libri strenna, delle agende e dei calendari illustrati con riproduzioni di opere di vari autori; la collaborazione alla pubblicazione di libri d’arte. Un lungo elenco di iniziative che con modalità diverse hanno contribuito a valorizzare e far conoscere l’arte e gli artisti.
Nel positivo rapporto tra l’Olivetti e l’arte un ruolo determinante è stato svolto da Renzo Zorzi, dal 1965 responsabile per molti anni della corporate image e delle attività culturali del gruppo. Con la sua indiscutibile competenza e la grande passione per l’arte ha contribuito a dare a tutte le iniziative Olivetti la connotazione dell’evento culturale prima ancora che dell’episodio promozionale.
La lunga stagione delle grandi mostre
La prima mostra di grande significato organizzata dalla Olivetti è dedicata nel 1968 agli affreschi fiorentini “Da Giotto a Pontormo”. Gli affreschi, staccati dalle loro sedi dopo l’alluvione di Firenze del 1966 e quindi restaurati, sono esposti in alcuni dei maggiori musei d’Europa e d’America come atto di riconoscenza della città di Firenze e dell’Italia per gli aiuti ricevuti in quella occasione da tutto il mondo.
Da quel momento si succedono numerose mostre, portate in diverse città del mondo a testimoniare la sensibilità di un’impresa tecnologicamente avanzata ai valori dell’arte e della cultura umanistica.
Tra le grandi mostre si possono citare quelle dedicate agli Artisti italiani del primo Novecento, al Tesoro di S. Marco, a Michelangelo disegnatore e architetto, ai Vetri romani dei Cesari, a Paul Gauguin, ad Andrea Mantegna, a Leon Battista Alberti e Giulio Romano.
Merita una particolare menzione la mostra dei Cavalli di S. Marco: dopo il restauro, realizzato con il contributo della Olivetti, le statue dei cavalli sono esposte in varie città del mondo e ammirate da tre milioni e duecentomila persone, un traguardo probabilmente mai raggiunto da una mostra d’arte.
Ultima, in ordine di tempo, viene nel 2002 la mostra dei 55 Artisti del Novecento organizzata a Ivrea per presentare, nell’”Officina H”, lo storico stabilimento trasformato in uno spazio per l’arte e lo spettacolo, un’ottantina di opere che fanno parte del patrimonio artistico della Olivetti: opere acquistate nel corso degli anni o appositamente realizzate, come nel caso del famoso Boogie-Woogie di Renato Guttuso, per arredare i negozi o le sedi aziendali.
I restauri: da Masaccio a Leonardo, a Mantegna…
Nel 1980, con l’avvio del restauro della Cappella Brancacci nella chiesa del Carmine a Firenze, affrescata da Masaccio, Masolino e Filippino Lippi, l’intervento di Olivetti si estende al coordinamento delle ricerche tecnico-scientifiche necessarie per sfruttare anche in questo campo le potenzialità delle nuove tecnologie.
In quegli anni giunge a compimento anche il restauro del Crocifisso di Cimabue, proveniente da Santa Croce in Firenze. L’opera, gravemente danneggiata dall’alluvione del 1966, dopo interventi molto complessi e innovativi, viene presentata con grande successo a New York e in diverse città europee.
Nel 1982, aderendo a una richiesta del Ministero dei Beni Culturali, l’Olivetti si assume l’onere di finanziare il restauro dell’Ultima Cena di Leonardo, a Milano, nel refettorio di Santa Maria delle Grazie: un’impresa straordinariamente complessa, da alcuni esperti ritenuta irrealizzabile. I lavori si prolungano per molti anni, durante i quali l’Olivetti non solo mette a disposizione le necessarie risorse finanziarie e competenze tecnologiche, ma anche realizza un “Quaderno del restauro” dedicato al dipinto di Leonardo e organizza la mostra dei disegni leonardeschi per l'Ultima Cena conservati nella Biblioteca Reale di Windsor.
Mentre i lavori per il Cenacolo sono in corso, l’Olivetti avvia e porta a termine altri importanti restauri, tra cui quelli della Camera degli Sposi, affrescata dal Mantegna nel Palazzo Ducale di Mantova e, sempre a Mantova, della Sala dei Cavalli di Palazzo Te; il restauro degli affreschi di Masolino nella Cappella di Santa Caterina nella basilica di San Clemente a Roma e quello della Sala dei Baroni nel castello di Manta, presso Saluzzo.
Nel maggio del 1999, 17 anni dopo l’avvio dei primi lavori, si conclude il restauro dell’Ultima Cena, che si rivela come uno dei più lunghi e impegnativi interventi compiuti su una singola opera; finalmente il Cenacolo di Santa Maria delle Grazie può riaprire i battenti e il pubblico può tornare ad ammirare uno dei più straordinari dipinti di Leonardo e della pittura rinascimentale.